Author: Anders Ge.
Guardare La Fin Absolue du Mond può davvero portarci negli abissi più profondi e corrotti dell’animo umano?
Kirby Sweetman è un amante del cinema e ne gestisce uno. Con pressanti debiti difficili da saldare, decide di accettare l’offerta del ricco Bellinger, tenebroso e conosciuto collezionista di film, di cercare e recuperare trovare l’unica copia di La Fin Absolue du Mond, film maledetto che da più di trent’anni è introvabile. Il film è tristemente famoso per l’effetto che produce su chi lo visiona: il regista ** Hans Backovic**, dopo averlo terminato, si è tolto la vita tagliandosi la gola e quei pochi spettatori che hanno avuto la possibilità di vederlo durante la sua unica produzione al Sitges, il festival del film fantastico della Catalogna, sono stati presi da un sentimento di disperazione tanto grande quanto pressante che li ha portati ad uccidersi tra loro. Mentre prosegue nella ricerca del film, Kirby comincia ad essere preda di terribili visioni sulla sua ex fidanzata, suicidatasi tempo prima. Sono la maligna aura e l’atmosfera di malvagità del film, che cominciano a farsi sempre più presenti?
È possibile che, stimolati dalla visione di scene particolarmente forti, si possa essere indotti a commettere atti estremi come l’omicidio o il suicidio? Possono certe scene avere conseguenze sul comportamento e sulla psiche degli spettatori?
Diretto nel 2005 da John Carpenter, leggenda del cinema di genere, Cigarette Burnes — Incubo mortale, ottavo episodio della prima stagione di Master of Horror, si chiede (suggerisce?) proprio questo.
Il titolo dell’episodio fa riferimento ai segni circolari, che nell’aspetto ricordano le bruciature di sigaretta sulla carta, Cigarette Burnes appunto, che compaiono nell’angolo superiore destro della pellicola cinematografica e che indicano quando il proiezionista deve cambiare la bobina del film che sta proiettando (e che ritroviamo in alto a destra quando il protagonista è vittima dei deliri sul film che sta cercando).
Udo Kier / Bellinger
Il filmmaker americano da vita alla morbosa — e con il giusto livello di gore — sceneggiatura di Drew McWeeny e Rebecca Swan (sceneggiatrice transgender precedentemente conosciuta con il nome di Scott Swan), coppia che rivedremo anche nel quinto episodio della seconda stagione della serie, Il seme del male (Pro-Life, 2006), diretto sempre da Carpenter.
Il regista sa bene come catturare lo spettatore e mantenerlo costantemente in sospeso, come un baratro sull’orrore infinito mostrando, un poco alla volta, quanto sufficiente per potersi immaginare il peggio di quanto possa accadere, consapevoli che il prossimo passo potrà farci cadere nel vuoto o metterci in salvo. Al fianco del protagonista, conduce lo spettatore verso il male nella sua forma più assoluta, che non da spazio alla redenzione e alla salvezza.
Norman Reedus / Kirby Sweetman
Per certi versi, l’episodio porta alla memoria un altro lavoro di Carpenter, Il seme della follia (In the Mouth of Madness, 1994), film fortemente ispirato dalla letteratura e dalle tematiche di Howard Phillips Lovercraft e terzo capitolo di quella che il regista definisce come la sua Trilogia dell’Apocalisse (i precedenti titoli sono La Cosa, del 1982 e Il signore del male, del 1987). Se nel film è il fanatismo ossessivo degli appassionati dei libri dello scrittore Sutter Cane a portare i lettori a compiere atti estremi ed insensati, qui è la pellicola La Fin Absolue du Monde a fare impazzire gli spettatori. Tematiche lovecraftiana che ritroviamo anche in Cigarette Burns, con l’idea che tramite un oggetto si possa accedere agli impenetrabili e misteriosi abissi dell’oltretomba. E quale può essere l’oggetto in questione, se non un film e quindi il cinema? L’arte è un mezzo che permette di
rappresentare le emozioni meglio di qualsiasi altra cosa, sa mostrare la paura e l’angoscia con forza e potenza senza eguali. E se guardando l’orrore, questo può trasferirsi dentro i nostri animi soggiogandoci e rendendoci parte stessa del male, facendo uscire quei sentimenti e quella rabbia nascosti nei recessi più profondi dell’animo? Vedere il buio dell’animo umano e la sua condizione, all’interno di un film può quindi farci vedere, dentro di noi quegli stessi orrori e renderci così folli da compiere gesti sconsiderati ed estremi? Nel già citato La Cosa e in Fantasmi da Marte (Ghost of Mars, 2001), il male* si trasferisce da un corpo all’altro. Ne Il seme della follia il fanatismo ossessivo degli appassionati dei libri dello scrittore Sutter Cane porta i lettori a compiere atti estremi ed insensati. Qui è il film a trasmette l’essenza del male e a innescare la rabbia e le pulsioni assassine dello spettatore, anche se l’insanità resta
confinata ai soli spettatori del film e non si perpetua nel mondo.
Del resto, le citazioni sono gioco forza la regola, per così dire, in un film che parla e si nutre di cinema (e che per il cinema fa trapassare più di una persona).
Ma, contrariamente a quanto si possa pensare, questo episodio di Master of Horror non è incentrato (solo) sul potere delle immagini (e del resto, praticamente nessuno dei personaggi ha mai visto il film), bensì sulla passione che anima le persone, disposte a qualsiasi cosa pur di poter soddisfare i propri desideri e la curiosità. Una passione che diventa un’ossessione, un assillo capace di distruggere l’animo umano.
A differenza, però, degli scritti dell’autore di Providence, in cui l’orrore è raccontato per mezzo di “non detto” e suggestioni, che riescono ad imprimersi efficacemente e durevolmente nel nostro immaginario come nel subconscio, qui non si riesce a sentire a pieno l’aura malefica de La fine assoluta del mondo. La ricerca tende a scemare d’interesse e porta ad un finale che commette l’errore di far vedere frammenti del film dannato, che tolgono parte del mistero intorno alla pellicola e al tempo stesso non riescono a trasferire del tutto la supposta devastante forza annichilente (fortunatamente, verrebbe da pensare…).
John Carpenter
Carpenter non ha certo bisogno di presentazioni, né tanto meno di dimostrare niente a nessuno: nel genere è certamente un maestro. E lo dimostra con una regia sapiente e ben padroneggiata e una fotografia convincente ed efficace che, pur non essendo ai livelli delle sue migliori produzioni del passato, offre comunque alcuni spunti molto interessanti — l’intera scena finale, durante la proiezione privata nel cinema di Bellinger, lascia il segno, nonostante alcune “incertezze”. Il ritmo è più da film di genere asiatico, con un andamento lento, frammentato, di quando in quando, da esplosioni di violenza. Gli effetti speciali, invece, sono forse un po’ (troppo) sottotono, anche per un esperto “artigiano” del genere come Carpenter, ma del resto stiamo parlando di una produzione televisiva (sicuramente) non ad alto budget.
La colonna sonora realizzata dal figlio Cody, mutuate dalla “semplicità” delle musiche scritte dal padre, è di qualità e fa il suo dovere, avvolgendo
con discrezione nella giusta atmosfera tutta la pellicola, senza mai cercare di imporsi sulle immagini. Il tema al pianoforte che si ripete di continuo riporta la mente al genere giallo dei film di Dario Argento, che viene anch’esso omaggiato con la proiezione di Profondo Rosso nel cinema di Sweetman.
Infine, un plauso per l’ottimo cast che vede, su tutti, il veterano Udo Kier nei panni del diabolico Bellinger e Norman Reedus (il Daryl Dixon della serie televisiva The Walking Dead) in quelli del tormentato Kirby Sweetman.
La (finta) locandina del film La Fin Absolue du Monde
Accontentandosi della “sola” regia dell’episodio, ma con la certezza di avere carta bianca sulla sua realizzazione, nonostante sia ben lontano dalla perfezione, così come dalle indimenticabili produzioni passate, con Cigarette Burns — Incubo mortale, il cineasta americano realizza un buon film horror, ma anche un tributo al cinema di genere, a tratti terrificante, che in una perversa spirale di orrore, sangue e paranoia, ci trascina in un’inesorabile discesa negli abissi più profondi e terribili dell’animo umano. John Carpenter realizza un film citazionistico e autoreferenziale che, pur non impressionando (e facendo un po’ rimpiangere il passato), è godibile e spaventoso al punto giusto. Una buona realizzazione, anche se imperfetta, soprattutto nell’ambito della produzione televisiva di genere.
Cigarette Burnes — Incubo mortale
(John Carpenter’s Cigarette Burnes)
stagione 1
episodio 8
regia
John Carpenter
soggetto
e sceneggiatura
Drew McWeeny
Rebecca Swan
con
Udo Kier
Norman Reedus
Gary Hetherington
Christopher Britton
Zara Taylor
Colin Foo
horror
USA
59 min
2005
Master of Horror
stagioni: 2
episodi: 26 (13 + 13) durata: 60 min ca.
creata da Mick Garris
antologico
horror
Can / USA
2005
2007